Onorevoli Colleghi! - La cronaca quotidiana informa con crescente drammaticità di violenze consumate sul territorio italiano all'interno di nuclei familiari o di comunità di origine extracomunitaria, strumentalizzando ispirazioni pseudoreligiose o riproponendo costumi disumani, lontani dalla nostra tradizione e in contrasto con i princìpi fondamentali della nostra Costituzione, prima ancora che con la legge penale. Tali atti si indirizzano soprattutto neri confronti delle donne e dei soggetti che, in quei contesti, vivono in una condizione di debolezza e di minorità, e violano i diritti più elementari: da quello di circolazione a quello di scegliere liberamente chi si intende o non si intende sposare. Particolarmente gravi sono le conseguenze di conversioni, soprattutto dall'Islam ad altre confessioni, con sanzioni corporali e vessazioni di ogni tipo.
      Preoccupa il quadro d'insieme in cui ciò si inserisce: in una intervista pubblicata di recente da un quotidiano, Souad Sbai, presidente dell'Associazione delle donne marocchine in Italia e componente della Consulta per l'Islam italiano, testimonia che «le musulmane regolari in

 

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Italia sono circa 400 mila, il 10 per cento ha una vita normale, il resto no. Non lavorano, non escono di casa, non vanno, se non poche, a fare la spesa e vivono sotto lo stesso tetto con altre mogli. Basta pensare che l'86 per cento delle musulmane in Italia è analfabeta: non conosce l'italiano, parla il dialetto arabo ma non lo scrive, non conosce i numeri e quindi non è in grado di fare una telefonata o di prendere un autobus. In Marocco non è più così, la percentuale delle analfabete è molto più bassa. I marocchini in Italia parlano di infibulazione, una pratica tribale che nel loro Paese non c'è. Li la poligamia non viene più permessa, arrivano qui e si mettono a vivere con due, tre donne».
      Denunce di questo tipo, e altre più specifiche, si moltiplicano, e rendono necessario che il Parlamento affronti con una apposita Commissione parlamentare di inchiesta un lavoro di indagine e di ricostruzione della situazione, anche al fine di comprendere se è adeguato il quadro normativo che si applica ai diversi profili della questione, e, più in generale, quali interventi amministrativi, centrali e periferici, devono essere intensificati per circoscrivere queste anomalie e per realizzare una effettiva integrazione.
      L'oggetto dell'inchiesta è individuato soprattutto - ma non soltanto - nella condizione della donna di origine extracomunitaria presente in Italia. L'obiettivo è quello di accertare il livello del rispetto dei diritti fondamentali della persona nei confronti dei componenti di nuclei familiari di origine extracomunitaria, insieme con la qualità e con l'estensione delle discriminazioni per cause etniche, ideologiche o di strumentalizzazione religiosa. Quando si parla di diritti fondamentali della persona, ai fini dell'inchiesta della Commissione, ci si riferisce a quelli contenuti nella parte prima della Costituzione, e in particolare alla libertà personale, alla libertà di circolazione, alla libertà religiosa, alla libertà di opinione, alla libertà di contrarre matrimonio, alla libertà di educazione.
      L'inchiesta dovrebbe tendere quindi, a far emergere le reali condizioni di vita quotidiana all'interno dei nuclei familiari e delle comunità di origine extracomunitaria presenti in Italia, a identificare le cause più frequenti di violazione dei diritti fondamentali, a cogliere i mutamenti che hanno provocato un incremento di discriminazioni e di violenze dettate da cause etniche, ideologiche e di strumentalizzazione religiosa. Unitamente alla verifica della congruità della normativa vigente e della sua applicazione, sarà compito della Commissione di inchiesta comprendere che tipo di prevenzione si è svolto finora, per formulare proposte di carattere amministrativo e, se necessario, legislativo tese a realizzare la più adeguata prevenzione e il più efficace contrasto verso questi tipi di discriminazioni. Al termine dei lavori, la Commissione è chiamata a redigere una relazione finale da presentare al Parlamento.
      Composizione e modalità di funzionamento e di organizzazione dei lavori della Commissione sono quelle previste per le Commissioni parlamentari bicamerali di inchiesta che hanno operato finora.
 

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